“Ai margini del paesaggio”, il recupero edilizio consapevole nei territori montani sotto la lente degli architetti

“Ai margini del paesaggio. Strutture obsolete nei territori montani tra abbandono e recupero”. Questo il tema del convegno che si è tenuto venerdì 2 dicembre a Belluno. Un’iniziativa organizzata dall’Ordine degli architetti pianificatori, paesaggisti e conservatori di Belluno, in collaborazione con la Fondazione Dolomiti UNESCO, la Fondazione Architettura Belluno Dolomiti, la Provincia e il Comune di Belluno. Sotto la lente degli esperti, è stato indagato il tema delle strutture obsolete, prendendo spunto dalla ricerca “Strutture Obsolete e Paesaggi Eccezionali. Valori e disvalori nel paesaggio delle Dolomiti e nella gestione del Sito UNESCO” conclusa nel 2018 dalla Rete funzionale del Paesaggio e delle Aree Protette della Fondazione Dolomiti UNESCO grazie al lavoro di coordinamento della Regione Friuli Venezia Giulia.

L’obiettivo era proprio quello di presentare uno sguardo d’insieme sulle strutture obsolete, per poi condividere approcci e prospettive a partire da alcuni esempi concreti. Come hanno avuto modo di esprimere i relatori, sono diverse le chiavi di lettura del tema, articolate su diversi piani: da quello architettonico a quello estetico, dal sociale al culturale, dall’antropologico al geografico passando anche attraverso il piano filosofico.

Sulla base del lavoro di catalogazione avviato dalla Fondazione, gli esperti hanno potuto interrogarsi sul futuro delle strutture e dei contesti paesaggistici abbandonati delle Dolomiti. E hanno potuto avviare una riflessione sulle ragioni dell’abbandono e sulle possibilità di rigenerazione e recupero.

Il convegno è stato inaugurato alla presenza di Simone Deola, consigliere delegato all’ambiente e alla cultura della Provincia di Belluno, che ha portato i saluti del presidente Roberto Padrin, da poche settimane anche vicepresidente della Fondazione Dolomiti UNESCO. «Un territorio che si spopola come il nostro vive inevitabilmente sospeso tra la constatazione dell’abbandono e la necessità di interventi di recupero che siano funzionali a mantenere vive le comunità locali in quota, ma anche a tutelare il paesaggio dolomitico» ha detto il consigliere Deola. «Gli stimoli che possono arrivare dagli architetti e dai paesaggisti è sicuramente utile a delineare una visione comune. Che può e deve diventare anche uno strumento per contrastare l’abbandono della montagna e lo scivolamento a valle che la crisi demografica e lo spopolamento portano con sé. In questo senso, la Provincia si è interrogata anche sulla possibilità che i prossimi eventi olimpici lascino sul territorio non tanto cattedrali nel deserto, quanto realizzazioni che possano essere di attrazione per nuovi residenti, anche attraverso un’edilizia popolare ben inserita nel contesto montano e dolomitico».

Cosa si intende per strutture obsolete e abbandono? A chiunque frequenta le Dolomiti possono venire subito in mente diversi esempi: attrezzature per l’escursionismo abbandonate, baracche, infrastrutture e impianti in disuso e, in generale, tutti quegli elementi che per qualche motivo “stonano” nel contesto in cui si trovano. Tuttavia la rimozione e il ripristino paesaggistico non sono l’unica soluzione, a volte le strutture abbandonate possono essere rigenerate dando così impulso a nuove modalità di fruizione del territorio.

«Interrogarci sulle strutture abbandonate ci porta inevitabilmente a indagare le dinamiche che hanno portato all’abbandono di queste strutture, interpretando così il paesaggio e collocando queste esperienze in una prospettiva storica. Questo processo ha valore di testimonianza e fornisce interessanti spunti per la pianificazione futura del territorio» commenta Mara Nemela, direttrice della Fondazione Dolomiti UNESCO.