Al Rifugio Cava Buscada passato e futuro si incontrano

Evento terminato
Quando:

23.10.2020

Al rifugio Cava Buscada il passato remoto delle ere geologiche che le hanno dato origine ha incontrato il futuro a breve termine della montagna dolomitica. Il 21 settembre scorso si è svolto in Val Zemola, nel Parco Naturale delle Dolomiti Friulane, l’unico evento dell’edizione 2020 della rassegna “Incontri d’alt(r)a quota”, organizzata dalla Fondazione Dolomiti UNESCO. Una limitazione al programma imposta dall’emergenza Covid, che ha comunque consentito ad alcune decine di partecipanti di immergersi nella storia della terra, nelle testimonianze della cava di marmo rimasta attiva fino al 1994 e nelle riflessioni sul presente e sul futuro dei rifugi.

“Senza rifugi niente futuro”

Il presidente della Fondazione Dolomiti UNESCO, Mario Tonina, è salito al Rifugio Cava Buscada, per testimoniare la vicinanza della Fondazione ai gestori Roberta e Giampietro Corona che hanno acquisito le strutture della vecchia cava trasformandole in un accogliente rifugio. La struttura e il percorso adiacente attraverso i blocchi di marmo, raccontano la storia di un’attività che ha dato da vivere a molti abitanti di Erto. Dal presidente un invito a continuare questo prezioso lavoro di valorizzazione e di presidio territoriale: “Senza di voi la montagna non avrebbe futuro”.

Al fianco del presidente, anche il vicepresidente della Fondazione, l’assessore alle infrastrutture e territorio della Regione Friuli Venezia Giulia, Graziano Pizzimenti e il vicesindaco di Erto e Casso, Davide Corona.

A corda doppia nel passato

I partecipanti al geotrekking sono stati accompagnati dai geologi Riccardo Tomasoni del MUSE – Museo delle Scienze di Trento e Antonio Cossutta, guida del Parco Naturale delle Dolomiti Friulane e dell’accompagnatore di media montagna Lucia Montefiori. Nel video racconto le testimonianze di un evento che ha segnato la conclusione della stagione estiva 2020 nel segno della consapevolezza del patrimonio geologico e dell’indispensabile lavoro svolto dai gestori di rifugio, custodi di quelli che ormai sono sempre più a pieno titolo dei “presidi culturali di alta quota”.