Il «carsismo nelle evaporiti» entra nel Patrimonio Mondiale

Dal 19 settembre scorso il sesto sito naturale italiano iscritto nell’Elenco del Patrimonio Mondiale è il «Carsismo e grotte nelle evaporiti dell’Appennino Settentrionale», come sancito dal World Heritage Committee riunitosi a Riyadh (Arabia Saudita). Un riconoscimento che valorizza ancora una volta il patrimonio geologico; quali punti di contatto si possono trovare con il riconoscimento assegnato alle Dolomiti nel 2009? Lo abbiamo chiesto all’architetto Cesare Micheletti, che ha coordinato il processo di candidatura e che, insieme al geologo Piero Gianolla, aveva curato il coordinamento scientifico della candidatura delle Dolomiti all’iscrizione nell’Elenco del Patrimonio Mondiale.

Carsismo

Ph. Graziano Agolini

Testimonianza di due eventi geologici straordinari

Arch. Micheletti, cosa rende unico il fenomeno del «Carsismo e grotte nelle evaporiti dell’Appennino Settentrionale», rispetto ai molti carsismi che caratterizzano, ad esempio, le rocce calcaree?

«Ci sono diverse ragioni che rendono unico questo fenomeno: si tratta innanzitutto della combinazione tra due degli eventi geologici più straordinari della storia della Terra. Il primo risale a 200 milioni di anni fa, ed è l’apertura della Pangea, con la formazione della Tetide; il secondo è avvenuto 6 milioni di anni fa, ed è lo sconvolgimento ecologico che colpì il Mar Mediterraneo, noto come Crisi di Salinità Messiniana. In entrambi i casi l’evaporazione dell’acqua marina ha fatto sedimentare grandi quantità di gesso e sale e, oggi, queste due formazioni evaporitiche affiorano l’una vicina all’altra. In periodi caldo-umidi la penetrazione delle acque meteoriche ha creato delle forme straordinarie, che si conservano molto raramente e quasi sempre in aree desertiche, a differenza di quelle create dal carsismo nei calcari, che sono più duri e resistenti».

Si tratta di fenomeni che raccontano anche i cambiamenti climatici del passato?

«Certamente: le grotte sono luoghi in grado di registrare in modo molto dettagliato tutte le variazioni climatiche, perché sono ambienti più stabili e dunque in grado di conservare informazioni maggiormente attendibili».

Un Sito fondamentale per le scienze della terra

Con questo riconoscimento salgono a sei i Siti italiani che compongono la “famiglia” del Patrimonio Naturale in Italia. Che punti di contatto individua con i valori che hanno determinato il riconoscimento delle Dolomiti?

«Si può individuare più di un punto di contatto a partire dal valore per la storia delle Scienze della Terra che caratterizza il nuovo sito UNESCO: come nel caso del territorio dolomitico, infatti, il sito appenninico è stato il primo al mondo ad essere studiato per quei valori oggi riconosciuti dall’UNESCO, grazie al fermento culturale che caratterizzò l’Italia già dal XVII secolo e alla vicinanza di importanti Università. Ancora oggi, il 90% delle pubblicazioni sul tema si riferisce a queste aree che come le Dolomiti, dunque, rappresentano un laboratorio scientifico a portata di mano e raccontano non solo la storia della Terra ma anche l’evoluzione del pensiero e della ricerca scientifica».

Un Bene seriale ma unitario

Si tratta di un bene complesso, composto da svariate morfologie carsiche, da oltre 900 grotte e risorgenti evaporitiche; si tratta inoltre di un bene seriale, distribuito su quattro province. La sua gestione richiederà dunque strategie simili a quelle adottate per il bene seriale delle Dolomiti?

«In questo caso direi che l’analogia è solo formale: le aree cuore, infatti, trovandosi in parte sottoterra, generano minori conflitti con le attività antropiche e la fruizione di massa non è fisicamente possibile; ricadono inoltre sotto il coordinamento di un’unica Regione».

Si è trattato di un importante risultato per la Regione Emilia-Romagna, per gli esperti delle Università che hanno collaborato, per i tecnici e per tutti gli enti che hanno lavorato alla presentazione della candidatura. Per lei un ulteriore motivo di soddisfazione dopo il riconoscimento delle Dolomiti…

«Non solo per me, ma anche per il resto della squadra che era presente nel 2009 come nel 2023: in particolare Loredana Ponticelli e il geologo di Dolomiti Project Stefano Furin, insieme a Emiliano Oddone».