Cosa perdiamo insieme alla Fradusta… e a tutti gli altri ghiacciai

La rassegna #vivereinrifugio, organizzata dalla Fondazione Dolomiti UNESCO, ha fatto tappa il 20 settembre scorso sull’Altopiano delle Pale di San Martino, con un’escursione al glacionevato della Fradusta. Un luogo simbolo del cambiamento climatico e della necessità di adattamento che riguarda prima di tutto i rifugi alpini, alle prese con un approvvigionamento idrico sempre più difficoltoso.

Ad accompagnare i partecipanti al capezzale di quello che purtroppo non può più essere classificato come un ghiacciaio, la guida alpina delle Aquile di San Martino Luciano Gadenz, Gino Taufer per il Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino e il glaciologo dell’Istituto di Scienze Polari del CNR Jacopo Gabrieli: «Insieme ai ghiacciai – ha affermato Gabrieli, riprendendo il titolo dell’evento – perdiamo un elemento importantissimo del paesaggio alpino, perdiamo acqua potabile, a uso irriguo o idroelettrico, perdiamo una superficie capace di riflettere la radiazione solare, con il conseguente ulteriore aumento delle temperature. Ma rischiamo di perdere anche la memoria del nostro passato, perché nel ghiaccio sono preservate importanti informazioni sul clima e sull’ambiente del passato». Proprio da quest’ultima considerazione nasce il progetto Ice Memory, che vede impegnato l’Istituto di Scienze Polari del CNR insieme ad altri enti e grazie al quale vengono raccolti e conservati campioni dai ghiacciai di tutto il mondo.

Il gruppo al capezzale dal glacionevato Fradusta

Per accrescere la consapevolezza sulle cause e sugli effetti dei cambiamenti climatici, occorre da un lato insistere sulla responsabilità da addebitare all’immissione in atmosfera di gas serra da parte delle attività umane, «senza la quale – ha ricordato Gabrieli – ci troveremmo in un periodo climaticamente stabile»; dall’altro occorre sempre evidenziare la differenza tra meteorologia e climatologia: «Le nevicate a metà settembre sono assolutamente normali a certe quote – ha spiegato Gabrieli – ma al pari delle precipitazioni abbondanti della scorsa primavera, si tratta di fenomeni meteorologici totalmente ininfluenti sul clima, che considera medie trentennali, tanto più se durante l’estate, come accaduto quest’anno, per 60 o 70 giorni il termometro non è mai sceso sotto lo zero».

A vigilare quotidianamente sullo stato del glacionevato della Fradusta, il Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino: «Negli ultimi trent’anni abbiamo monitorato questa regressione annualmente, con rilievi frontali, strumentali e misurando gli accumuli durante l’inverno – ha spiegato Gino Taufer – abbiamo inoltre raccolto il materiale storico, cartografico e le testimonianze dei rilevatori dei primi anni del Novecento. Ciò che emerge è che la regressione è stata impressionante, soprattutto per la velocità con cui è avvenuta. All’inizio del Novecento le prime misurazioni scientifiche dell’estensione del ghiacciaio arrivavano a 100 ettari; la prima misura effettuata dal Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martino risale al 1994, quando l’estensione era ancora di 22 ettari. La misurazione che abbiamo effettuato solo pochi giorni fa ci dice che la Fradusta, oggi, si estende per due soli ettari».

Flavio Faoro intervista i rifugisti del Rosetta, Roberta Secco e Mariano Lott

Con la moderazione del giornalista Flavio Faoro, la giornata è proseguita al Rifugio Rosetta, dove i gestori Roberta Secco e Mariano Lott hanno parlato del loro ruolo di custodi, non solo del rifugio ma anche dell’ambiente circostante: «È evidente che qualcosa sta cambiando: avremo ancora quattro o cinque anni di tempo per vedere la Fradusta, dopo di che sparirà» ha affermato Mariano Lott. «Dal punto di vista dell’approvvigionamento idrico, questa estate è andata meglio della scorsa, ma il 13 agosto abbiamo comunque finito l’acqua e siamo riusciti a effettuare un nuovo rifornimento solo il 10 settembre». «È difficile far capire agli ospiti che quando non c’è acqua devono rinunciare a farsi la doccia» ha aggiunto Roberta Secco, «e spesso giudicano questo come un disservizio da parte nostra. Ma bello di questo lavoro è che ogni stagione è diversa, ci impone continuamente di adattarci e questo ci dà la carica perché ogni novità genera curiosità e capacità di risolvere i problemi».

Il prossimo e ultimo appuntamento della rassegna #vivereinrifugio sarà il 12 ottobre al Rifugio Città di Fiume, per una conversazione sulla prudenza in montagna insieme alla Guida Alpina Luca Vallata e al delegato del Soccorso Alpino Dolomiti Bellunesi Alex Barattin.