Collaborazione tra Siti UNESCO: a Firenze i casi studio

Tra il 16 e il 19 aprile 2024 si riuniranno a Firenze, su iniziativa dell’Ufficio UNESCO per la Scienza e la Cultura in Europa (con sede a Venezia), i rappresentanti di alcuni Siti UNESCO europei, per riflettere sull’importanza della cooperazione a livello territoriale nella gestione di diversi riconoscimenti UNESCO.

Erto e la frana sopra la diga di Vajont. Ph. Luciano Gaudenzio

Ph. Luciano Gaudenzio

Dolomiti, caso studio

Il contributo della Fondazione Dolomiti UNESCO sarà incentrato soprattutto sulla cooperazione con i programmi che hanno maggiore contiguità territoriale o anche una parziale sovrapposizione, come la Riserva di Biosfera «Alpi Ledrensi e Judicaria» e la parte dolomitica del Global Geopark «Adamello Brenta». Nonostante la già ricca complessità di gestione di un Bene seriale, come quello formato dai nove Sistemi dolomitici, la possibilità di collaborare con altri riconoscimenti UNESCO rappresenta un’occasione per condividere buone pratiche e per realizzare il comune obiettivo di preservare con coerenza peculiarità naturali, paesaggistiche, culturali e documentali riconosciute a livello mondiale.

Prontuario minimo dei riconoscimenti “vicini”

Le Dolomiti sono uno dei sei Siti del Patrimonio Naturale riconosciuti in Italia. Se dovessimo “raffinare” la ricerca dei riconoscimenti UNESCO selezionando quelli ad esso più prossimi, in senso geografico o tematico, troveremmo ad esempio, oltre a quelli già citati, anche altri siti rientranti nel programma L’uomo e la biosfera, incentrato su un rapporto equilibrato tra uomo e ambiente, come il «Monte Grappa» e le «Alpi Ledrensi e Judicaria» o altri Siti della Lista del Patrimonio Mondiale che, pur rientrando negli ambiti del Patrimonio Culturale o del Paesaggio Culturale, sono strettamente legati all’ambiente montano o particolarmente vicini all’area dolomitica come, rispettivamente, i «Siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino» e le «Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene». Un legame strettissimo con il tema della responsabilità nella conservazione e gestione di un Patrimonio Naturale, è poi quello rappresentato dai valori che hanno determinato l’inserimento nel Registro Internazionale Memoria del Mondo, dell’«Archivio del Processo Vajont», dal 2010 custodito nell’Archivio di Stato di Belluno dopo il trasferimento dalla sede processuale dell’Aquila in seguito al terremoto del 2009. E se ci allarghiamo anche al programma del Patrimonio Culturale Immateriale, ecco che emergono pratiche indissolubilmente legate alla storia antropica delle Dolomiti, come l’«Alpinismo» e la «Transumanza» e , riconosciuti nel 2019 e 2023 rispettivamente, oppure l’«Arte della costruzione in pietra a secco», che ha concorso a formare anche l’immaginario paesaggistico dolomitico e la «Fluitazione del legname». Anche se l’Italia non è tra i firmatari della candidatura e la fluitazione non è più praticata, le testimonianze lungo i fiumi che scendono dall’arco dolomitico sono ancora vive nella memoria e nelle rievocazioni storiche.

Fili diversi per un unico intreccio

Si tratta solo di alcuni dei possibili intrecci tra i riconoscimenti dei diversi programmi UNESCO, che testimoniano unicità naturali, culturali, documentali, che possono riunirsi, se gli enti gestori sanno cooperare, in un’unica mission per la tutela attiva di ciò che un territorio ha di più prezioso.